lunedì 6 ottobre 2014

Genesi 1:27, dagli Amorei a Soloveitchik, passando per Gramsci

Gli LGBT-fobi amano citare Genesi 1:27 a sostegno delle loro tesi:
וַיִּבְרָ֨א אֱלֹהִ֤ים׀ אֶת־הָֽאָדָם֙ בְּצַלְמ֔וֹ בְּצֶ֥לֶם אֱלֹהִ֖ים בָּרָ֣א אֹת֑וֹ זָכָ֥ר וּנְקֵבָ֖ה בָּרָ֥א אֹתָֽם׃
che in italiano suona (traduzione di Samuel David Luzzatto, 1872 - chi preferisce delle traduzioni cristiane commentate può servirsi qui):
Iddio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Però, se la Bibbia è un testo ebraico destinato innanzitutto agli ebrei, sarebbe estremamente opportuno sapere come loro interpretano quel versetto; una buona introduzione ce la dà rav Pinchas Kahn nell'articolo The Duality of Man: A Study in Talmudic Allegorical Interpretations, pubblicato nel Jewish Bible Quarterly, Vol. 36, No. 2, 2008.

Come potete leggere, l'interpretazione preferita dagli ebrei ortodossi (quindi non sospetti di LGBT-friendliness, al contrario dei riformati, dei conservatori, dei ricostruzionisti, degli umanisti, dei rinnovatori), in una linea interpretativa che va da rav Geremia figlio di Eleazaro (amoreo della seconda metà del 3° Secolo EV) fino a rav Joseph Ber Soloveitchik (1903-1993) è puramente allegorica.

Infatti l'uomo viene visto come una creatura duale, spirituale e materiale, umana e divina, che sperimenta Dio come immanente e trascendente, e grazie al suo dualismo intrinseco diventa capace di scelte morali.

Per Soloveitchik sono le doti intellettive e cognitive, la sua autocoscienza e capacità di scelta che rendono l'uomo "immagine di Dio"; ma essendo egli parte della creazione, può decidere di accontentarsi di quello che è anziché cercare di migliorarsi e foggiare il suo destino.

La mascolinità e la femminilità, per Soloveitchik, rappresentano allegorie dell'attività e della passività, caratteristiche positive (se usate al momento opportuno) che si trovano in ogni persona, indipendentemente dal suo genere.

Citiamo il rabbino [Joseph B. Soloveitchik, Family Redeemed, ISBN-13: 978-0881257953, (New York: Toras HoRav Foundation, 2000) pp. 69,70]:
I principi della creatività e della recettività, dell'agire e del subire, dello stimolare e dell'assorbire, dell'aggressività e della tolleranza, dell'iniziare e del completare, dell'emanazione illimitata di un essere trascendente e della misurata riflessione del cosmo, sono ritratti dal motivo duale della mascolinità e della femminilità all'interno della nostra esperienza religiosa ... La trascendenza incondizionata, creativa, infinita, e l'immanenza autocondizionata, ricettiva e finita di Dio sono simbolizzati dalla mascolinità e dalla femminilità.
C'è molta ironia nel mio citare: i cristiani si divertono ad accusare gli ebrei di essere vittime di un'interpretazione troppo concreta della Bibbia, ma quando diventano omofobi dimostrano quanto bisogno abbia l'omofobia dell'incapacità di simbolizzare per attecchire nella mente di una persona.

Si potrebbe osservare inoltre che Maimonide (1138-1204) nella Guida dei Perplessi, avvertiva che la Torah va presa alla lettera, salvo che il significato letterale non sia assurdo (Esodo 13:9: "con braccio forte il Signore ti trasse dall’Egitto" [trad. Luzzatto 1872; traduzioni cristiane]) oppure provato falso (Giosuè 10:12: "Sole, fermati su Gabaon, e Luna, sulla valle di Aialon" [traduzione mia; traduzioni cristiane - a dire il vero, Giosuè non fa parte del Pentateuco, e l'esempio è più importante per i cristiani che per gli ebrei, ma è molto chiaro]) - nel qual caso si deve intendere il testo biblico come una metafora.

A quanto pare, tutti gli interpreti ebrei che hanno interpretato Genesi 1:27 in questo modo si sono resi conto che il binarismo dei generi non aveva senso, e che l'interpretazione del versetto non poteva essere letterale.

Ed infatti gli autori del Talmud conoscevano l'intersessualità, tant'è vero che le loro opinioni sono tuttora alla base dei responsa emessi in questi casi (vedi: Tumtum and Androgynous / Rabbi Alfred Cohen. - Journal of Halacha & Contemporary Society XXXVIII; Fall 1999 - Sukkot 5760), e non mancano gli ebrei transgender che si lamentano che i rabbini ortodossi contemporanei ignorano quello che 17 secoli fa era già noto ai loro colleghi - cioè che non ci sono solo due generi! L'ebrea lesbica Judith Butler non ha inventato assolutamente nulla.

Di contro, secondo la Jewish Encyclopedia (1909), i padri della Chiesa rifiutavano le considerazioni ebraiche sull'androginia di Adamo (prima che da lui fosse tratta Eva) come "dannate favole degli ebrei", e questo dà all'insistenza su un'interpretazione letterale di Genesi 1:27 un tratto non solo omofobico, ma anche antisemitico, in quanto delegittima l'interpretazione ebraica della Torah. Si vuol riportare il cristianesimo all'epoca di Agostino d'Ippona!

Mi piace ora però parlare di un altro rabbino: Hillel il vecchio, quello diventato famoso per aver condensato la Torah nella Regola Aurea:
Quello che ti è odioso, non lo fare al tuo prossimo. Questa è tutta la Torah, il resto ne è il commento. Va' e studia. [Talmud bShabbat 31a (aramaico, inglese)]
Hillel aveva appena realizzato il sogno della sua vita diventando Nasi, il principe del Sinedrio, per aver brillantemente risposto ad un quesito halachico (che riguarda la legge religiosa ebraica): se la vigilia di Pasqua cade di Sabato, si possono eseguire i sacrifici nel Tempio?

La sua risposta fu che anche i sacrifici offerti dalle singole persone (come quello pasquale) e non solo quelli offerti a nome di tutti, potevano eseguiti anche di Sabato, in deroga al divieto di lavorare in quel giorno.

Ma subito fu rivolta a lui una domanda a cui non seppe rispondere - ovvero, che fare se uno si era dimenticato di portare il coltello al tempio per il sacrificio, prima di Sabato?

Hillel dovette ammettere di essersi scordato la risposta, ma si trasse d'impaccio dicendo di non preoccuparsi, perché:
"Una soluzione si troverà, perché, anche se gli ebrei non sono profeti essi stessi, sono i figli dei profeti". [Talmud bPesachim 66a (aramaico, parafrasi in inglese)]
Così fu: il mattino dopo si videro i capifamiglia menare al tempio gli agnelli da sacrificare con il coltello legato al vello, oppure tra le corna. Questo modo insolito di trasportare un oggetto era la scappatoia che permetteva di farlo uscire di casa di Sabato per portarlo al Tempio.

[La scappatoia ha questa spiegazione: eseguire il sacrificio pasquale è un comandamento biblico, ed è comandamento biblico pure non portare oggetti nel modo solito dall'interno all'esterno di un dominio, o viceversa, di Sabato - e due comandamenti biblici non si possono bilanciare. Ma se l'oggetto è trasportato in modo insolito, il divieto si degrada a rabbinico, e quindi cede di fronte al comandamento biblico di compiere quel sacrificio.]

Quel giorno gli ebrei si dimostrarono all'altezza della loro fama, e diedero la giusta lezione di umiltà a rav Hillel, a cui il successo aveva dato alla testa.

Passiamo da rav Hillel ad un suo correligionario vissuto 19 secoli dopo: Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), linguista ebreo italiano. Patriota ed irredentista, è noto per aver coniato le locuzioni "Venezia Tridentina, Venezia Euganea, Venezia Giulia", per la sua prima classificazione sistematica dei dialetti italiani, e per aver sviluppato la teoria del "sostrato" linguistico, ovvero del modo in cui un popolo subalterno resiste al dominio linguistico di un altro alterando il modo in cui parla la lingua di quest'ultimo - anche se la lingua subalterna infine scompare, la lingua dominante non rimane immutata.

Graziadio Isaia Ascoli influenzò profondamente Antonio Gramsci (1891-1937), in quanto lo convinse che una lingua doveva per forza esprimere la filosofia di un popolo, e non nascere a tavolino come l'esperanto.

[Mi permetto qui di dissentire con Gramsci: il suo rifiuto dell'esperanto era anche il rifiuto dell'ideale cosmopolita, anziché nazional-popolare, che rappresentava, incarnato da un altro ebreo, Ludwik Lazar Zamenhof (1859-1917), e che piace anche a me (post 1, post 2). Ne riparlerò, perché la possibile diatriba tra Ascoli e Zamenhof è una di quelle "discussioni per amore del Cielo" che dureranno per sempre (Pirqei Avot, 5:20 - traduzione inglese).]

Per Ascoli prima e Gramsci poi, un'unificazione linguistica poteva essere solo il frutto dello sviluppo storico concreto, che creava una nuova classe egemone che usava la lingua come veicolo ideologico; e la grammatica non poteva nascere da considerazioni teoriche (come inevitabilmente è quella di una lingua artificiale od un linguaggio di programmazione), ma solo dalla concreta esperienza del popolo che la adoperava - la grammatica è un'"istantanea" di quell'esperienza, e, potrei aggiungere, la grammatica storica il suo film.

Da questo punto di vista, l'articolo 35, comma 1, del DPR 3 novembre 2000, n. 396:
Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso (...)
è una colossale sciocchezza (il ragionier Ugo Fantozzi avrebbe usato un'altra espressione, molto appropriata, ma non voglio offendere un grande regista), in quanto pretende di cristallizzare la grammatica imponendo un binarismo di genere anche qualora i suoi parlanti lo ritengano superato.

Ho parlato di Hillel, Ascoli, Gramsci - il quale ultimo non fu solo seguace del filosofo ebreo Karl Heinrich Marx (1818-1883), ma anche marito di una donna ebrea (ed il midrash Genesi Rabbah avverte che una moglie influenza il marito più del contrario), Julka Schucht (1894-1980) - per introdurre un piccolo studio che ho fatto sull'onomastica ebraica.

Non ho fatto granché: sono entrato nel sito AllHebrewNames.com il giorno 06/10/2014, ed ho controllato quanti nomi ebraici:
  • sono adatti ad un maschietto: 1984;
  • sono adatti ad una femminuccia: 2553;
  • sono adatti a tutti i bambini: 1299.
Il totale dei nomi registrati è però 3238 - questo perché nelle prime due categorie sono compresi anche i nomi "unisex".

Rifacendo i conti sottraendo quei nomi, scopriamo che in ebraico ci sono
  • 685 nomi esclusivamente maschili (21,15%);
  • 1254 nomi esclusivamente femminili (38,73%);
  • 1299 nomi per tutt* (40,12%) - tra cui il mio nome Yona.
Sia gli intellettuali (tale infatti è un rabbino) che il popolo ebraico hanno sentenziato che Genesi 1:27 non significa che uomini e donne debbono essere rigidamente distinti in quanto la loro ontologia dà loro diverse qualità che devono essere evidenti già dal nome.

Questa è un'ossessione cristiana che non ha alcuna base biblica, bensì gnostica. Si ritorna al serio problema già sollevato in precedenza: gli omofobi cristiani sono la nuova versione del marcionismo, e nessuno li sconfessa come meriterebbero.

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimenale

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