mercoledì 23 dicembre 2015

Brogliaccio zoroastriano

Un problema che devo affrontare per un esame (Metodologia del Dialogo Interreligioso) è l'influenza dello zoroastrismo sul giudaismo esilico. Mi sono infatti lamentato che il libro "Ricerca delle tracce. Le religioni universali in cammino / Hans Küng" ignora lo zoroastrismo, sebbene sia una religione tuttora praticata, ed abbia influenzato grandemente il giudaismo, ed attraverso esso cristianesimo ed islam.

Un famoso zoroastriano era il bisessuale Freddie Mercury, ma quello che ha attirato la mia attenzione è la voce "Zoroastrism" dell’Encyclopedia of Homosexuality, secondo cui il famoso versetto di Levitico 18:22:

וְאֶ֨ת־זָכָ֔ר לֹ֥א תִשְׁכַּ֖ב מִשְׁכְּבֵ֣י אִשָּׁ֑ה תֹּועֵבָ֖ה הִֽוא׃

(We-et_zakhar lo tishkav mishkeve ishshah – to'evah hi)

"E con un maschio non giacerai i giacigli di una donna – è cosa indegna [del popolo santo di Dio]”

e quello di Levitico 20:13 (non Deuteronomio, come ha scritto l'autore):

וְאִ֗ישׁ אֲשֶׁ֨ר יִשְׁכַּ֤ב אֶת־זָכָר֙ מִשְׁכְּבֵ֣י אִשָּׁ֔ה תֹּועֵבָ֥ה עָשׂ֖וּ שְׁנֵיהֶ֑ם מֹ֥ות יוּמָ֖תוּ דְּמֵיהֶ֥ם בָּֽם׃

(We-ish asher yishkav et_zakhar mishkevey ishshah to'evah 'asu shneyhem mot yumatu demeyhem bam)

"E l'uomo che giacerà con un maschio i giacigli di una donna, hanno fatto cosa indegna [del popolo santo di Dio], entrambi saranno inesorabilmente messi a morte ed il loro sangue ricadrà su di loro".

sarebbero stati ispirati da uno dell’Avesta (Vendidad 8:32), che recita:

“L’uomo che giace con un mascolino come un uomo giace con un femminino, o come una donna giace con un mascolino, è l’uomo che è un Daeva; questi è l’uomo che rende culto ai Daeva, cioè un amante maschile dei Daeva, cioè un amante femminile dei Daeva, cioè una moglie del Daeva. Questi è l’uomo che è malvagio come un Daeva, che in tutto il suo essere è un Daeva; questo è l’uomo che è un Daeva [già] prima di morire, e diventa uno dei Daeva non visti dopo la morte: così è lui, sia che abbia giaciuto con un mascolino da mascolino, o da femminino” [ovvero, “insertivo” e “ricettivo” sono egualmente rei].

Inevitabile quindi chiedersi se davvero l'omofobia presente nel "Codice di Santità" del Pentateuco, attribuito alla Fonte Sacerdotale, è ascrivibile all’influenza zoroastriana; ci sono molte discussioni sulla datazione e sulla redazione del Vendidad, e perfino sul suo valore canonico (gli zoroastriani riformisti riducono il canone ai Gathas [che fan parte dello Yasna], in quanto sono le uniche parti dell'Avesta sicuramente opera di Zarathustra), ma si ritiene normalmente che il Vendidad sia stato redatto a partire dall'8° Secolo AEV, prima quindi del Codice di Santità (5° Secolo AEV circa).

È stato inoltre notato nell'Encyclopaedia Iranica che gli sciiti duodecimani (la religione di stato iraniana) sono più omofobi dei sunniti, anche se i dotti esitano ad attribuir ciò al substrato zoroastriano, e tutto questo accresce il rimpianto per l’omissione dello zoroastrismo dalla trattazione di Hans Küng.

Lo zoroastrismo, prima che si irrigidisse in una chiesa sotto i Sassanidi (224-651), era una religione molto più tollerante delle successive religioni abramitiche - infatti il Cilindro di Ciro mostra che Ciro 2° il Grande, sovrano achemenide per cui lo zoroastrismo era già religione di stato, potè conquistare Babilonia nel 540 AEV appropriandosi del culto di Marduk e dei generi letterari della propaganda reale assira per legittimare il proprio dominio, senza che a Pasargade, la sua capitale in Persia, qualcuno avesse da ridire (a Salomone ed agli Omridi invece il Deuteronomista non gliela lasciò passare liscia); e gli zoroastriani d'oggi amano vantarsi dell'influenza che la loro fede ha avuto sulle altre religioni.

Un esempio lo troviamo nell'articolo Zoroastrianism and Judaism: The Genesis of Comparative Beliefs of two Great Faiths, che si può riassumere così: la si può rinvenire anche in altri passi della Fonte Sacerdotale (tra cui il racconto della creazione che si trova in Genesi 1), non solo nel Codice di Santità (che risente della preoccupazione dello zoroastrismo dell'epoca per la purezza rituale e la sacralità del culto), nonché nel Deuteroisaia, il quale dice di Ciro in Isaia 45:1:

כֹּה־אָמַ֣ר יְהוָה֮ לִמְשִׁיחֹו֮ לְכֹ֣ורֶשׁ אֲשֶׁר־הֶחֱזַ֣קְתִּי בִֽימִינֹ֗ו לְרַד־לְפָנָיו֙ גֹּויִ֔ם וּמָתְנֵ֥י מְלָכִ֖ים אֲפַתֵּ֑חַ לִפְתֹּ֤חַ לְפָנָיו֙ דְּלָתַ֔יִם וּשְׁעָרִ֖ים לֹ֥א יִסָּגֵֽרוּ׃

(Koh_amar YHWH li-mshicho le-Khoresh asher_hechezaqti bi-yimino le-rad_lefanaw goyim u-matney melakhim afatteach lefatteach lefanav delatayim u-shearim lo yissageru)

"Così disse YHWH al suo Messia, a Ciro che afferrai per la sua destra perché scendessero davanti a lui le nazioni, e aprirò i lombi dei re per aprire davanti a lui i due battenti, e le porte non si chiuderanno".

Ciro viene qui chiamato "il Messia", l'"unto di YHWH", e non solo tanta ammirazione può aver veicolato l'imitazione, ma la sua descrizione ricorda un brano del Cilindro di Ciro:

"Egli (Marduk) scrutò tutte le contrade, cercando un giusto regnante ... pronunciò il nome di Ciro, re di Anshan ... per farne il sovrano del mondo intero. Il grande signore Marduk, protettore del suo popolo, vide con piacere le sue buone opere (quelle di Ciro) e gli ordinò di marciar contro la città di Babilonia".

e la descrizione che il Deuteroisaia fa di YHWH ricorda quella che i Gathas di Zarathustra fanno di Ahura Mazda, la divinità zoroastriana del bene - confrontiamo Isaia 45:7:

יֹוצֵ֥ר אֹור֙ וּבֹורֵ֣א חֹ֔שֶׁךְ עֹשֶׂ֥ה שָׁלֹ֖ום וּבֹ֣ורֵא רָ֑ע אֲנִ֥י יְהוָ֖ה עֹשֶׂ֥ה כָל־אֵֽלֶּה׃ ס

(Yotzer or u-vore choshekh 'oseh shalom u-vore ra', ani YHWH 'ose kol_elleh. Sela)

"Formo la luce e creo la tenebra, faccio la salute e creo il male, io, YHWH faccio tutto questo. Pausa".

con Yasna 44:5:

"Questo ti chiedo. Dimmi davvero qual artefice ha creato i corpi luminosi e gli spazi oscuri? Quale artefice ha creato sia il sonno che l'azione? ..."

Ma è soprattutto la tensione escatologica ed apocalittica che il giudaismo esilico sembra aver attinto dallo Zoroastrismo: per quest'ultimo, se l'epoca presente è sotto il dominio di Angra Mainyu, il principio del male, alla fine dei tempi egli sarà sconfitto, per inaugurare un tempo di "Frasho Kereti = eterna beatitudine".

L'influenza tra le due religioni è stata notevole; Hans Küng delle religioni che ha trattato ha descritto i mutamenti di "paradigma" (nel senso di Thomas S. Kuhn, ovvero di fratture nell'evoluzione di una religione), ed il contributo che possono dare all'etica mondiale ("Weltethos") che lui intende costituire.

Secondo me, i paradigmi dello zoroastrismo sono questi:
  1. Era pre-achemenide (1700? AEV – 648 AEV)
  2. Religione di stato persiana - dagli achemenidi agli arsacidi (648 AEV – 241)
  3. Religione di stato persiana - periodo sassanide (242 - 651)
  4. Religione di minoranza sotto l’islam (651 – 800)
  5. Transizione al pahlavico e migrazione di molti in India (800 – 1800)
  6. Innovazioni dottrinali e divisione in tre gruppi (1800 – oggi)
Nello schema compilato per l'esame, avevo conglobato i paradigmi 2 e 3, non essendomi reso conto che la tolleranza che lo zoroastrismo aveva manifestato al tempo di Ciro (e che aveva portato sotto i parti al proliferare di sette spesso sincretiche ed idolatriche) sarabbe stata sostituita dai sassanidi da un'intolleranza portata avanti da una gerarchia ecclesiastica centralizzata, intolleranza sia verso gli zoroastriani dissidenti (come i Zurvani, che ritenevano che Zurvan, il Tempo, fosse il genitore dei due "gemelli" Ahura Mazda ed Angra Mainyu - in questo modo riconducevano il dualismo zoroastriano ad un monoteismo), che contro le altre religioni.

Ne fecero le spese i manichei, i cristiani, e gli ebrei, che ricordano tale intolleranza in un modo curioso: il rito ashkenazita prevede che lo Shema' Yisrael si reciti due volte la mattina, non una sola come prescrive la Bibbia (Deuteronomio 6:7).

La spiegazione che ne danno i libri di preghiera è questa: l'intolleranza dei sassanidi era tale che gli ebrei non potevano sempre permettersi di recarsi in sinagoga a recitare questa preghiera, per cui decisero di sdoppiarne la recitazione - una volta la mattina presto a casa (privatamente), un'altra volta in sinagoga (collettivamente), se la situazione lo consentiva.

Il sopraggiungere dell'intolleranza significa per me un cambio di paradigma; l'innovazione dottrinale principale del 19° Secolo (paradigma #6) viene, curiosamente, da un non zoroastriano, l'orientalista tedesco Martin Haug (1827-1876), che studiò i parsi (gli zoroastriani migrati in India, e precisamente nel Gujarat), e suppose che il dualismo tra Ahura Mazda ed Angra Mainyu non fosse originario - ovvero che Angra Mainyu fosse una creatura di Ahura Mazda.

La concezione viene ritenuta ebraica e cristiana (il Satana che si accanisce su Giobbe ed il Principe di Questo Mondo di cui parla il Vangelo secondo Giovanni sono comunque creature divine), più che zoroastriana (ad onta dei Gathas prima citati, in cui Ahura Mazda rivendica l'aver creato ogni cosa), ma fu accolta dai parsi, che ora la ritengono parte della loro dottrina, che adesso può considerarsi una forma di monoteismo.

Allo schema dei paradigmi va affiancato quello dei valori che possono entrare a far parte dell'etica mondiale preconizzata da Hans Küng:
  1. Rettitudine (“Buoni pensieri, buone parole, buone azioni”)
  2. Veracità (la menzogna viene severamente riprovata)
  3. Iniziativa e generosità (la salvezza qui viene dalle opere)
  4. Responsabilità verso se stessi e gli altri (come sopra)
  5. Eguaglianza tra tutte le persone, indipendentemente dal genere, dalla razza, dal colore (solo la rettitudine crea gerarchia)
  6. Tutela dell’ambiente (forse è la prima religione al mondo ad esigerla)
  7. Ricerca di una legge naturale (“Asha” in avestico)
  8. Attenzione all’igiene (l’attenzione alla purezza adattata ai tempi)
Può sembrare strano che uno debba attingere codesti valori proprio dalla religione zoroastriana, ma Hans Küng non li ha attinti da nessun'altra delle religioni che ha citato (religioni tribali, religione cinese, induismo, buddhismo, ebraismo, cristianesimo, islam).

Ed è curioso che in nessuna di queste religioni abbia rinvenuto l'eguaglianza dei generi.

Raffaele Yona Ladu, ebreo

giovedì 17 dicembre 2015

Traduzioni di Matteo 1:25

Il 16/12/2015 ho preso 30/30 in Greco 1 ed Ebraico 1; dopo l’esame di Greco e prima di quello di Ebraico, un altro studente alla Facoltà Valdese mi ha chiesto di verificare Matteo 1.25, in quanto la Nuova Riveduta (valdese) così traduce (vedete qui):
e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.
E la CEI (cattolica) traduce cosà (copio la versione della TOB):
senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
La verifica del testo greco l’ho fatta sul Nestle Aland 28, che così riporta il versetto:
καὶ οὐκ ἐγίνωσκεν αὐτὴν ἕως οὗ ἔτεκεν υἱόν· καὶ ἐκάλεσεν τὸ ὄνομα αὐτοῦ Ἰησοῦν.
Chi non conosce il greco antico quasi sempre ha un amico che ha frequentato il liceo classico (le differenze tra il greco classico e quello dell'NT sono in questo caso di scarso rilievo), e può confermare che la traduzione più fedele è quella della Nuova Riveduta.

Rammento che già in greco classico capita di trovare il verbo "gi[g]nòsko = io conosco" nel senso di "ho rapporti sessuali con ...", e nella Bibbia viene usato per tradurre il verbo ebraico "yada' = egli conobbe", che spesso e volentieri in quella lingua indica il conoscere nel modo più appassionante.

I valdesi approfittano di questo versetto per la loro apologetica, io invece ho ambizioni ecumeniche; perciò mi limito ad osservare che a chi ci ha tramandato Matteo 1:25 interessava soltanto dimostrare che Gesù non lo aveva generato Giuseppe, non descrivere la vita coniugale di Giuseppe e Maria, di cui forse sapeva meno di quello che vorremmo.

Non amo le traduzioni infedeli, e sarebbe stato secondo me ben più opportuno per la CEI tradurre fedelmente e scrivere in nota quello che ho detto, od altre considerazioni teologiche pertinenti - così facendo si è messa invece in una posizione indifendibile.

La TOB, che nella versione italiana segue il testo CEI, dice in nota:
(...) Nel linguaggio biblico il verbo conoscere può indicare le relazioni sessuali (Gn 4,1.17; cf Lc 1,34, nota j). Mt intende sottolineare che Maria era vergine alla nascita di Gesù. Si può pensare al modo con cui Dio nell'AT proteggeva la gravidanza di Sara e di Rebecca fino alla nascita di Isacco e di Giacobbe, i padri del popolo eletto (Gn 20; 26). Il testo non permette di affermare che Maria abbia avuto in seguito rapporti con Giuseppe.
Se si è sicuri delle proprie buone ragioni, perché non tradurre fedelmente? Lo aveva già fatto Girolamo scrivendo (secondo quest'edizione della Vulgata Pio-Clementina):
Et non cognoscebat eam donec peperit filium suum primogenitum : et vocavit nomen ejus Jesum.
Poiché le parole "suum primogenitum" non erano confermate dal testo greco, la Nova Vulgata ha così corretto:
et non cognoscebat eam, donec peperit filium, et vocavit nomen eius Iesum 
Non è facile imparare lingue come l'ebraico ed il greco, ma sono lo stretto indispensabile per non essere alla mercé dei traduttori.

La precauzione è particolarmente importante per chi è italiano - la chiesa cattolica USA si è ben guardata da questa sciocchezza e nella sua ultima traduzione della Bibbia ha scritto:
He had no relations with her until she bore a son,* and he named him Jesus.
La nota a cui rimanda l'asterisco traccia un parallelo con Luca 1:27 e dice:
* [1:25] Until she bore a son: the evangelist is concerned to emphasize that Joseph was not responsible for the conception of Jesus. The Greek word translated “until” does not imply normal marital conduct after Jesus’ birth, nor does it exclude it.
Non sarebbe il caso che i vescovi cattolici italiani imitassero i loro colleghi d'oltreoceano?

Raffaele Yona Ladu