giovedì 17 marzo 2016

Differenze tra papà e mamma nella lingua ebraica





Lo studio che vi propongo non è di gran valore - aiuta però a relativizzare i punti di vista che i no-gender nostrani stanno assolutizzando e fanatizzando.

Si ripete fino alla noia agli studenti di ebraico ed arabo e delle altre lingue semitiche, che la maggior parte delle parole deriva da radici trilittere, cioè di tre consonanti - nelle lingue semitiche, al contrario che nelle lingue indoeuropee, le vocali non hanno dignità di lettere dell'alfabeto.

Non sempre però si ricorda agli studenti (lo faceva il lessicografo Marcus Jastrow, autore di [1a] ed [1b]) che molte radici trilittere sono ampliamenti di radici bilittere, cioè di due consonanti sole, e che la radice bilittera può essere perciò considerata la capostipite delle altre.

In ebraico "padre" si dice אב = av, e "madre" si dice אם = em; vi rendete conto che le due radici hanno due lettere ciascuna, e vediamo ora che "figli" hanno.

Oltre ai "figli" esaminiamo i "nipoti" - non sono molte, ma nelle lingue semitiche ci sono pure radici quadrilittere, cioè di quattro consonanti.

Le radici sono elencate secondo l'ordine dell'alfabeto ebraico, e perciò anche אב = av = padre viene prima di אם = em = madre. Chiedo scusa alle gentili signore.

  • אב = av = padre
  • אם = em = madre

In questo lavoro le opere più utili sono state [1a] ed [1b]; [2] è un dizionario dell'ebraico biblico piuttosto vecchio, ma ha ancora un pregio per lo studente principiante: comprende tutte le forme flesse, attestate nella Bibbia, delle parole; [3] offre interessanti suggerimenti, ma non si può usare da solo.

Raffaele Yona Ladu, ebreo

venerdì 11 marzo 2016

Gregorio contro Tommaso



Una domanda che mi è stata posta da un amico cattolico (anzi, francescano) è perché i luterani ed i valdesi sono più flessibili dei cattolici nei confronti dell’omosessualità, bisessualità, transessualità.

Credo che uno dei motivi lo spieghi il libro [1], che ho studiato per l’esame di Storia della Riforma.

È noto che Lutero, Calvino ed i loro discepoli si sono ispirati alla dottrina della grazia di Agostino d’Ippona (innovandola, s’intende); un po’ meno noto è che Agostino, prima dei riformatori, ha ispirato una corrente della Scolastica chiamata “schola augustiniana moderna”, di cui l’esponente più eminente è stato Gregorio da Rimini (?-1358), eremitano agostiniano.

È un pensatore poco noto, perché nelle storie della filosofia, anche della Scolastica, viene schiacciato da colossi come il domenicano Tommaso d’Aquino ed il francescano Duns Scoto – ma sia Lutero che Calvino entrarono probabilmente in contatto con la sua scuola di pensiero.

Quello che fa notare McGrath, oltre all’affinità della sua dottrina della grazia (da cui discendono, già in Agostino, quella della giustificazione e quella della predestinazione) con quella dei riformatori, è che, mentre Tommaso d’Aquino e Duns Scoto sono dei realisti (il primo più moderato del secondo), Gregorio da Rimini è un nominalista.

I termini “nominalismo” e “realismo” vigono nella disputa degli “universali”, che si può riassumere così: le categorie concettuali con cui classifichiamo gli esseri (cioè gli “universali”) hanno una realtà oggettiva, oppure sono pure costruzioni intellettuali?

I realisti moderati come Tommaso d'Aquino ritengono che gli universali siano oggettivamente esistenti, ma solo Dio li possa conoscere “ante rem”, cioè a priori, mentre noi ci dobbiamo accontentare di conoscerli “post rem”, cioè a posteriori; se siamo bravi, possiamo individuarli pure “in re”, in quanto costituiscono l’essenza degli enti, apprezzabile con il ragionamento.

Il nominalista Gregorio da Rimini, invece, ritiene che essi non abbiano realtà oggettiva: noi non possiamo fare a meno di costruirli a causa delle limitazioni del nostro intelletto; l’Eterno invece, non avendole, può trattare singolarmente con tutti gli esseri individualmente presi, senza categorizzarli.

Potrei dedurre dal nominalismo che non categorizzare (le persone) senza necessità non significa solo applicare il “rasoio di Occam” (“è inutile fare con tante cose quello che si può fare con poche”, più noto nella forma "non si devono moltiplicare gli enti più del necessario"), non significa solo scansare il rischio di discriminazione, ma è anche “imitatio Dei”: come l’Eterno non categorizza, così dobbiamo fare il possibile per evitarlo.

E se proprio lo si deve fare, si abbia l'umiltà di riconscere che la classificazione ha uno scopo utilitario, e non ambisce a riprodurre una visione metafisica del mondo. E deve giovare, non nuocere; rispettare l'identità delle persone, non misurare il loro scarto rispetto ad un ideale metafisico.

Come programmatore di computer tendo al nominalismo: non pretendo di riprodurre in un database una visione del mondo che catturi l’essenza degli oggetti che tratto, ma solo i loro tratti essenziali per risolvere i problemi che affronto.

Per esempio, nello schedario generale rapporti di una banca non viene indicato se il cliente persona fisica è invalido civile e con quanti punti, perché qui il dato è irrilevante; invece può essere molto utile nel libro matricola di un’azienda, in quanto l’eventuale invalidità conferisce dei privilegi al lavoratore.

Tornando alla domanda iniziale, credo che il nominalismo dia alle teologie protestanti e riformate la flessibilità che manca a quella cattolica, improntata al realismo.

Se infatti si è convinti che gli universali siano oggettivamente esistenti, e si interpreta pedestremente Genesi 1:27 (“Maschio e femmina Iddio li creò”) come la dichiarazione che “mascolinità” e “femminilità” siano degli universali di cui le proprietà sono state stabilite ab aeterno, e che questi universali esisterebbero pure se, per assurdo, non esistessero esseri maschili e femminili che li incarnassero (allo stesso modo in cui il Teorema di Pitagora continuerebbe ad essere valido anche se nessuno più disegnasse un triangolo rettangolo), allora ci si mette nell’impossibilità di capire intersessualità e transessualità, mentre omosessualità e bisessualità vengono patologizzate.

Ricordo che l’Associazione Lieviti ha assunto questo nome proprio per protestare contro il binarismo dei sessi e dei generi – ci sono specie di ascomiceti in cui c’è solo un “mating type”, ed altre in cui ce ne sono centinaia, con complicate regole di accoppiamento; nel comune lievito di birra ci sono solo due “mating types”, ma il lievito selvatico (quello coltivato viene geneticamente modificato per impedirglielo) può passare agevolmente da un “mating type” all’altro. Sono organismi eucarioti esattamente come gli esseri umani, e questo smentisce che “mascolinità” e “femminilità” siano degli universali con proprietà stabilite ab Aeterno.

Ed una teologia cattolica nominalista mi pare possibile, visto che il nominalismo non è mai stato dichiarato eretico, se non nella forma estrema che aveva avuto in Roscellino, il quale aveva negato che esistesse una divinità comune alle tre persone della Trinità (ponendosi così fuori dal cristianesimo); il francescano Guglielmo d'Ockham fu processato e condannato, ma poi riabilitato; e né Gregorio da Rimini, né i suoi epigoni, sono stati condannati per questo  – sono i no-gender che pronunciano giudizi senza averne ricevuto l’incarico.

Ed il motivo è chiaro: gli storici del diritto che ho letto (vedi ad esempio [2]) avvertono che il passaggio dal diritto naturale al diritto positivo, e l’emergere dei diritti della persona, in contrapposizione all’inchiodarla ad un ruolo sociale prestabilito, è stato reso possibile dalla transizione dal realismo di Tommaso d’Aquino al nominalismo di Guglielmo d’Ockham (ripreso dal qui citato Gregorio da Rimini).

Ritornare al realismo significa ritornare al dispotismo. Vedete se vi conviene.

Raffaele Yona Ladu, ebreo.