mercoledì 31 agosto 2016

Antibinarismo transfobico








Volendo scrivere una storiella con una protagonista trans MtF, mi sono dovuto documentare sul “blocco della pubertà” che spesso viene praticato su* ragazz* che soffrono di “disforia di genere”.

La “disforia di genere”, ovvero il trovarsi in forte disagio con il sesso attribuito alla nascita, non è solo un fenomeno adulto – può capitare anche agli adolescenti e pure ai bambini (di ogni genere); poiché è molto più facile eseguire una transizione (ormonale o chirurgica) su un corpo che non sia stato già fortemente mascolinizzato o femminilizzato dalla pubertà, si propone spesso a* ragazz* che ne soffrono di assumere, non appena inizia la pubertà, degli “ormoni rilascianti gonadotropine (GnHR)”, che hanno l’effetto di bloccare la produzione degli ormoni sessuali.

L’effetto del blocco è solo temporaneo – se si smettono di prendere questi ormoni, la pubertà riprende; questo permette di rimandare la decisione se procedere con una transizione ormonale o chirurgica ad un’età più matura, in cui la legge consente al paziente di decidere da sé. Se la disforia di genere passa, si è solo perso un po’ di tempo; se persiste ed il paziente desidera transizionare, parte da una situazione molto più favorevole.

Inconvenienti seri nella pratica non ne vedo – il rischio più grave mi pare quello dell’osteopenia, ovvero dell’indebolimento delle ossa, in quanto non assistite dagli ormoni sessuali finché dura il blocco della pubertà. Gli altri inconvenienti che lamentano i siti [1] e [2] (sterilità, necessità di assumere ormoni e subire controlli medici frequenti) sono quelli di una transizione completa vera e propria, non del semplice blocco della pubertà.

Non è corretto considerare il blocco della pubertà e la transizione come due fasi del medesimo trattamento, visto che si può decidere di interrompere il primo e non passare al secondo senza inconvenienti di rilievo - non è come in un'operazione di appendicite, in cui, dopo che il medico ha aperto la ferita, non si può lasciare il tavolo operatorio prima che lui l'abbia richiusa.

L'idea che una persona possa essere forzata da un protocollo medico a transizionare contro sua voglia mi pare risibile; il fatto che chi viene sottoposto a questo protocollo abbia tassi di persistenza nel voler transizionare ben superiori rispetto agli altri, si spiega secondo me con due cose: la prima è che le GnRH costano un patrimonio (si calcola che una cura triennale, tra i 13 ed i 16 anni, costi 105 mila Dollari USA, che poche assicurazioni sanitarie coprono), e questo mi fa pensare che i professionisti le prescrivano solo a ragazz* e famiglie ben motivate; la seconda è che il protocollo comprende sedute psicoterapeutiche, che in qualche modo schermano i/le ragazz* dalla transfobia presente nella società.

Oltretutto, le GnRH non vengono usate solo su* ragazz* con disforia di genere: esistono persone che hanno una pubertà precocissima (prima degli 8 anni nelle ragazze, dei 9 anni nei ragazzi) e, quando essa è "idiopatica" (ovvero, non si riesce a trovarne e curarne la causa), si usano le GnRH per bloccarla. Nessuno ha mai sostenuto che in questi casi esse abbiano provocato disforia di genere; così come non si riscontra disforia di genere superiore alla media nelle persone che hanno invece pubertà tardiva.

Che il cervello di una persona sottoposta a blocco puberale non maturi completamente sembra smentito dagli studi (come [3]) che rinvengono uno sviluppo psicosessuale compatibile con il genere di elezione nei ragazzi che hanno avuto sia il blocco della pubertà che la transizione; le argomentazioni di [2] sono più dovute ad un’interpretazione metafisica di Genesi 1:27 che allo stato attuale delle conoscenze mediche, che hanno molto attenuato il rigido binarismo dei sessi e dei generi insegnato fino a qualche decennio fa.

Più valide mi paiono le argomentazioni di [1], che adopera un linguaggio antibinario, che sarebbe molto interessante se non ne venissero tratte conclusioni transnegative.

Traduco le frasi “antibinarie” (nell’originale sono in grassetto) con cui l’autore (non ne conosco il genere) si dichiara d’accordo:
  1. “Se il genere non è determinato dal sesso biologico, perché tentare di cambiare la propria biologia per farla combaciare con la propria esperienza interiore del genere?”
  2. “Se il genere è costruito in modo fluido e non siamo completamente maschi e femmine, perché dobbiamo ‘sceglierne’ uno?”
  3. “Il nostro senso del sé dotato di genere è aperto al cambiamento per tutta la vita, e non viene fissato precocemente. Se questo è vero, e ci credo, perché Ehrensaft [la curatrice di (4)] aiuta i ragazzini a fissarsi in un’identità di genere che deve durare tutta la vita, attraverso il blocco della pubertà ed ormoni del sesso opposto che li sterilizzano?”
  4. “In breve, l’identità di genere è un costrutto che può essere utile per comprendere l’esperienza del genere che hanno le persone. Ma è solo un costrutto. Non c’è evidenza empirica che esista di per sé. Perciò è ben misero motivo per incamminare i bambini verso una strada che porta alla sterilità permanente.”
  5. “Perché, senza fare appello ad un qualche tipo di essenzialismo, non c’è un buon motivo per rischiare la salute e la vita dei bimbi. Se la biologia (il sesso) non è essenziale per il genere, allora cosa lo è?”
Ehrensaft, come viene descritta dall’autore, si è davvero cacciata in un vicolo cieco, in quanto ha generalizzato a tutte le persone trans quella che è l’esperienza di una parte di loro, dette in gergo (ed in modo spregiativo) “Truscum”, ovvero coloro che hanno una concezione binaria dei sessi e dei generi, e sostengono di essere nati nel corpo del sesso sbagliato. È facile ribattere loro che non possono dare alcuna prova empirica di ciò, eppure sulla possibilità di darla basano la propria vita.

È molto più facile partire invece da una concezione strumentale del corpo – ovvero, del corpo come vestito dell’anima [5]. Un vestito deve adattarsi al ruolo che si assume ed al compito che si svolge. La divisa di un carabiniere non è la stessa di una crocerossina, ed un carabiniere subacqueo non indossa la medesima divisa di un carabiniere paracadutista.

In un mondo utopico, non ci sarebbe bisogno di divise per distinguere i militari dai civili, e tutti sarebbero capaci di capire l’identità di genere di una persona senza basarsi sulle apparenze. Una transizione sarebbe perciò superflua, oppure necessitata solo dal desiderio di avere zone erogene diverse da quelle del sesso attribuito alla nascita.

Ma anche in un ristretto gruppo di persone, come le poche decine di partecipanti all’Eurobicon di Amsterdam del 2016 [6], i quali partivano dal presupposto che l’aspetto è una cosa, ed il genere è un’altra, si sono pregati i partecipanti di indossare dei cartellini non solo con il nome, ma anche con il pronome personale preferito (ho visto “He”, “She”, “They” – usato quest’ultimo come pronome pangenere di terza persona singolare), a scanso di spiacevoli fraintendimenti.

In un ambito più vasto, si è obbligati a manifestare la propria identità di genere attraverso il proprio aspetto. L’alternativa, a cui sarei favorevole, non esclusa da [2], ma assolutamente rifiutata da [1] e da [5], è quella di rendere il sesso/genere di una persona socialmente irrilevante. Soltanto il medico è tenuto a conoscere la sua anatomia ed evoluzione.

Oltre alle persone “truscum”, esistono le persone “tucute”, ovvero quelle che hanno un’identità di genere difforme dal loro sesso biologico, ma non desiderano allineare il secondo alla prima – sono quelle che hanno bisogno dei cartellini con il pronome, in quanto loro desiderano un ruolo sociale, non un corpo corrispondente al loro genere, ed ammettono che il ruolo sociale che vogliono impersonare può cambiare nel tempo.

Sembra che abbiano fatto proprie le obiezioni di [2], che però hanno un serio punto debole, il numero 4: anche il denaro è un costrutto (checché ne dicano i sostenitori del sistema aureo), non una realtà empirica (lo avevo argomentato anche in [7]), eppure viene preso tremendamente sul serio.

Un altro punto debole è il sostenere che i bambini sono troppo piccoli per avere un affidabile senso dell’identità, e si fa il paragone con una bambina (notare il sesso/genere!) figlia di genitori cattolici che a cinque anni si dichiari ebrea ortodossa – l’autore dice che riterrebbe giusto portarla a messa comunque, perché così si fa nella sua famiglia, pur non avendo nulla contro questa sua scelta religiosa.

Il paragone è avventato, per diversi motivi. Il primo è che per gli ebrei non c’è un’età minima per convertirsi (vedi [8]), ed anche un* lattante potrebbe teoricamente convincere un tribunale rabbinico che vuole seriamente diventare ebre*, a dispetto dei genitori; semmai, chi si converte prima dei 12-13 anni (12 anni le bimbe, 13 anni i bimbi) può decidere, una volta giunto a quell'età, di NON fare il Bat/Bar Mitzwah (che l* confermerebbe irrimediabilmente come ebre*) e di ritornare gentile. Guarda caso, è quello che si propone con il blocco della pubertà – dare un periodo di grazia a chi vuol transizionare permettendogli di vivere provvisoriamente nel genere di elezione, e decidere definitivamente quando avrà l’età legale per le decisioni irrimediabili.

Il secondo è che l’autore si è ricordato di fare il paragone con una bimba e non con un bambino (perché un bimbo che si converte all’ebraismo ortodosso va circonciso subito), ma si è dimenticato quello che i francescani non lasciano mai scordare: che Sant’Antonio da Padova fece voto di castità a soli CINQUE anni. Nessun cattolico ride di questo voto, e tutti lo prendono sul serio come prodromo della grandezza del santo. Ditemi voi perché un voto di castità è una cosa seria ed una conversione religiosa od una disforia di genere no.

Il terzo motivo è che, quando studiavo giurisprudenza (ho studiato anche questa materia), per l’esame di diritto civile italiano ho dovuto studiare il caso del figlio minore che fa una scelta religiosa in contrasto con quella del genitore – il genitore può imporgli la sua volontà? La risposta era no, perché la religione era una cosa “privatissima”, cioè troppo personale, che andava rispettata anche in un minorenne.

Seguire il consiglio dell’autore, cioè portare una bambina a messa anche se non vuole, non è solo pedagogicamente inopportuno (e fastidioso per chi vuol partecipare alla messa, ma è costretto ad ascoltare invece gli strilli di lei), può mettere il genitore nei guai. Un genitore più furbo fa visitare una sinagoga alla bimba, perché lei si renda davvero conto che significa essere una donna ebrea (lo ammetto, è una rosa con molte spine), e lascia che poi maturi la decisione – tanto, nessun rabbino ha fretta di convertire. E, a parti invertite, nemmeno i ministri del culto cristiani.

Raffaele Yona Ladu
Ebre* genderqueer


mercoledì 10 agosto 2016

Crocefissi e mezuzot di stato





L'articolo [1] riferisce che la Lega vuole multare chi rimuove o vilipende il crocefisso che si trova in un ufficio pubblico; l'obbiettivo di ciò è quello di trasformare il crocefisso da simbolo religioso a simbolo di italianità - nonostante l'Unità d'Italia si sia svolta contro la chiesa cattolica.

E nonostante le minoranze religiose presenti nel nostro paese (tra cui gli ebrei, che hanno dato un contributo più che proporzionale alla loro consistenza numerica al Risorgimento e pure alla Resistenza) rispettino il crocefisso come simbolo di una fede (quella cristiana cattolica), ma rifiutino il volerne fare uno dei simboli dello stato, perché sanno che questo le priverebbe della pari dignità più ancora dei concordati del 1929 e del 1984.

Non tutti stimano lo stemma della Repubblica Italiana, ma esso ha evitato di cooptare simboli religiosi ad una funzione impropria - e non a caso, perché il suo autore, Paolo Paschetto, era valdese (vedi [2]).

Inoltre, chi si entusiasma tanto per questa proposta dovrebbe leggere con attenzione [3]: una ricerca svolta in Israele mostra che le numerose leggi che lì costringono gli ebrei a praticare la loro religione anche controvoglia (particolarmente vituperata è la mancanza del matrimonio civile - a cui i più abbienti rimediano sposandosi all'estero e chiedendo la trascrizione del matrimonio) stanno alienando gli ebrei dalla fede dei padri.

Particolarmente allarmati sono proprio gli ebrei religiosi, che vorrebbero che le persone praticassero la loro fede per convinzione, e non per coazione - sebbene l'ebraismo, al livello più elementare, si configuri come un'"ortoprassi" anziché un'"ortodossia", ovvero agire rettamente (pur controvoglia) val più dell'avere delle valide convinzioni che rimangono inerti.

E tutto questo nonostante la religione ebraica abbia più ancora di quella cristiana una funzione identitaria: per la maggior parte degli ebrei (tra le poche eccezioni ci sono lo scrittore A. B. Yehoshua e, a molte lunghezze di distanza per fama e qualità letterarie ed umane, il sottoscritto) non si può appartenere al popolo ebraico se non si professa una delle varietà della religione ebraica - ed è inutile negare (lo ammette lo stesso suo governo) che lo stato d'Israele è a misura degli ebrei, non di tutti i suoi cittadini.

Eppure proprio gli ebrei profondamente religiosi (e non legati all'establishment politico-religioso) si rendono conto che la fede è come l'amore: solo se puoi dire di no il tuo sì ha senso.

Una proposta di legge come quella leghista, se approvata, produrrebbe gli stessi effetti in Italia: farebbe del cristianesimo cattolico (già in declino nel favore dei battezzati) una statua di bronzo cavo a guardia di una tomba vuota - l'identità nazionale italiana, che i leghisti non sanno cosa sia, visto che cercano di decorarla con simboli ad essa estranei.

Se la gerarchia ecclesiastica cattolica fosse intelligente quanto gli ebrei intervistati in [3], si opporrebbe subito ad una proposta del genere, perché capirebbe che farebbe rischiare al cattolicesimo la fine del paganesimo - svuotato di senso quando diventò il culto dello stato, e facilmente soppiantato dal cristianesimo.

Non apprezzo tutte le manifestazioni del cristianesimo statunitense, ma è stato osservato che proprio la nazione occidentale che ha sancito la separazione della religione dallo stato con il Primo Emendamento, è la più religiosa (e la più cristiana) del mondo sviluppato - mi pare una bella controprova di quanto la proposta leghista sia inutile e rovinosa.

Mi hanno insegnato a non sottovalutare i leghisti, nemmeno quando sembrano le muse ispiratrici di Donald Trump (preceduto, nelle minacce di ricorrere alle armi dei suoi seguaci, da Umberto Bossi), e devo chiedermi se il loro obbiettivo a lunga scadenza non sia strumentalizzare il cristianesimo cattolico, ma sostituirlo con un culto idolatrico, magari della "razza piave", che ho tutti i motivi per aborrire.

Ci manca qui un Karl Barth che sappia attualizzare l'esperienza della "chiesa confessante" e della Dichiarazione di Barmen [4].

Raffaele Yona Ladu
Ebreo umanista

sabato 6 agosto 2016

Risposta a due papi sulle persone trans



Il 2 Agosto 2016 il sommo pontefice Francesco 1°, nato Jorge Maria Bergoglio, ha tenuto un discorso ai vescovi polacchi a Cracovia, di cui riporto questo brano tratto da [1]:

(inizio)

Papa Francesco: (...) C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio.

E qui vorrei concludere con questo aspetto, perché dietro a questo ci sono le ideologie. In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con “nome e cognome” - è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato “incolto”! Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “E’ l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E questo ci aiuterà.

(fine)

Questo brano è stato giustamente e ferocemente criticato.

Il fatto che in Argentina, Danimarca, Malta, ed in altri paesi del mondo (troppo pochi, secondo me) sia possibile cambiare genere anagrafico semplicemente con una dichiarazione davanti ad un notaio o pubblico ufficiale competente, senza bisogno non dico di trattamenti medico/chirurgici, ma neppure di certificazione medica, non significa che ad una persona possa venire in mente di farlo solo perché le hanno spiegato a scuola che questo è legalmente possibile.

E tutti conoscono la storia di David Reimer, a cui fu imposta un'identità di genere che non gli si addiceva, e che finì con il togliersi la vita.

E chiunque abbia avuto la pazienza di leggersi Judith Butler sa che non solo lei conosce la storia di David Reimer, ma avverte anche che il genere non è un abito che una persona può scegliere di indossare la mattina, perché senza genere il soggetto non riesce nemmeno a costituirsi.

L'"ideologia del genere" contro cui tuona Francesco 1° esiste soltanto nella mente di Benedetto 16°, che ha bisogno di un avversario dialettico per la sua metafisica, che si basa su una lettura pedestre e storicamente determinata di Genesi 1:27: "Maschio e femmina li creò".

Pedestre, perché non esistono corpi completamente maschili e completamente femminili - anche trascurando il caso degli intersessuali, già il pensare che anche gli uomini hanno le mammelle dovrebbe insegnare che la dicotomia maschio/femmina proposta da codesta lettura non ha riscontro nella realtà.

L'esegesi ebraica in questo caso insegna che il brano va interpretato in senso metaforico; alcuni rabbini riformati (di ogni genere, non solo maschile) lo interpretano ricorrendo alla figura del "merismo".

Ovvero, allo stesso modo in cui nella Genesi il parlare del giorno e della notte non esclude che nella giornata si susseguano anche il crepuscolo e l'aurora, il mezzogiorno e la mezzanotte, così il parlare della perfetta mascolinità e della perfetta femminilità non impedisce che esistano tutte le gradazioni intermedie, tutte previste e lecite.

Nel Talmud ci sono, oltre ai due generi "maschio" e "femmina", altri quattro generi ("saris = eunuco maschio", "aylonit = eunuco femmina", "tumtum = persona senza organi genitali evidenti", "androgynos = persona con organi genitali di più di un sesso") e da venti secoli circa i rabbini si affaticano a capirne le peculiarità, ovvero fino a che punto si possono ricondurre i quattro generi supplementari ai due generi primari, in termini di diritti e doveri religiosi. 

E gli ebrei non ortodossi (riformati, conservatori, ricostruzionisti, umanisti, rinnovatori - e sicuramente ci sono altre correnti che ignoro) ordinano tranquillamente rabbin* intersessuali, transessuali e transgender (nonché omosessuali e bisessuali), non trovando nella loro condizione alcun contrasto con le norme bibliche o comunque religiose.

La lettura dei due papi di Genesi 1:27 è storicamente determinata: l'ossessione per il binarismo dei generi nasce nel 19° Secolo EV, ed infatti il primo commentatore ebreo che condividerebbe codesta lettura credo sia stato rav Samson Raphael Hirsch (1808-1898 EV), che nel suo commento al Pentateuco (1867-1878 EV) scrisse che, sebbene tutti gli esseri viventi siano stati creati maschio e femmina (si è sbagliato, lo sappiamo), soltanto nel caso dell'essere umano lo si era voluto esplicitare, per rimarcare che essi erano stati creati a Sua immagine.

Un po' strano che una cosa che doveva essere evidente fin dal 5° Secolo AEV (periodo in cui era attiva a Babilonia la Fonte Sacerdotale, a cui si attribuisce comunemente quel brano) sia stata notata solo 24 secoli dopo! Rav Hirsch, come tutti gli esegeti, non poteva non porre al testo biblico gli interrogativi della società in cui viveva, ma non si era reso conto di quanto fossero figli della sua epoca.

L'identità di genere non è necessariamente coincidente con il sesso biologico; quando c'è una discrepanza che si fa? Insistere che una persona faccia di tutto per farle coincidere (è il messaggio più volte ripetuto da Francesco 1° e da Benedetto 16°) non solo è completamente inutile (non si può cambiare identità di genere), ma è anche profondamente ingiusto.

È fin troppo facile paragonare il cissessismo (così si chiama tecnicamente quello che esigono i due papi) al razzismo (la razza predetermina irreversibilmente quello che una persona può fare) ed al classismo (la classe sociale dei genitori predetermina altrettanto irreversibilmente quello che una persona può fare); inoltre il cissessismo presuppone il sessismo vero e proprio: non avrebbe senso pretendere che una persona mantenga la propria identità di genere coincidente con il sesso biologico, se ai sessi biologici non fossero attribuiti diritti e doveri diversi. L'attacco alle persone transgender implica un attacco alle donne ed alle loro conquiste.

L'essenza della modernità è il promettere ad ogni individuo che sarà il frutto delle proprie scelte, non delle scelte altrui, o di circostanze che non ha scelto; la postmodernità nasce dalla constatazione che esistono vincoli insopprimibili - ma quello che propongono i due papi è assolutamente premoderno, e c'è da chiedersi se sia anche coerente con il cristianesimo.

L'ebraismo dei tempi di Gesù aveva numerose preclusioni (in parte mantenute dall'ebraismo ortodosso anche oggi): per esempio, non si poteva officiare un sacrificio se non si era discendenti maschi di Aronne; non si poteva aiutare nel culto se non si era discendenti maschi di Levi; le donne erano escluse da buona parte del Tempio e del rituale, e durante il ciclo mestruale le esclusioni a loro danno crescevano.

Il messaggio di Gesù non si rivolgeva solo agli ebrei che i farisei guardavano dall'alto in basso perché inadeguati secondo i loro standard (standard che, in teoria, chiunque avrebbe potuto rispettare), ma infrangeva tutte le esclusioni - nazionali, di genere, e pure di orientamento sessuale [diremmo oggi - v. Luca 7:1-10] - su cui gli individui non avevano alcun controllo.

Logico corollario è il versetto di Galati 3:28: "Non c'è infatti né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina - tutti quanti voi siete infatti una cosa sola in Cristo Gesù". La modernità si manifesta come la versione secolarizzata di questo messaggio, che ha influenzato profondamente anche altre religioni, tra cui l'ebraismo.

Una cosa estremamente preoccupante del discorso papale è questa: il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica tre canoni (§§2357-2359 - vedi [2]) all'omosessualità, nulla alla transessualità ed al transgenderismo.

Per quanto siano insoddisfacenti, anzi, retrivi, i canoni sull'omosessualità, essi rappresentano comunque un riconoscimento di una realtà insopprimibile; le persone trans non recitano invece alcun ruolo nella chiesa cattolica come prevista da quel catechismo.

Il rischio è le associazioni di omosessuali cattolici (ci sono, anche se menano una vita tra il passabile ed il gramo) si sentano indotte a "gettare sotto l'autobus" le persone trans per guadagnare in rispettabilità.

Ci sono già conflitti di priorità tra persone omosessuali e persone trans - per esempio, mentre gli omosessuali si affannavano per avere il matrimonio egualitario, o perlomeno le unioni civili, le persone trans avrebbero voluto invece una legislazione per il cambio di sesso anagrafico simile a quella argentina o maltese. Una volta ci ho dovuto pensare, e mi sono convinto che era più urgente la rivendicazione delle persone trans - non potersi sposare è grave, dover subire umilianti visite mediche, costosi processi, trattamenti ormonali con effetti collaterali non trascurabili, ed operazioni mutilanti che spesso riescono assai male, è mostruoso.

E mi è già capitato di assistere ad una lite su Facebook tra uno stimabilissimo cattolico gay ed un'altrettanto stimabile persona transgender, in quanto il primo accusava il secondo di dare esca alle polemiche vaticane sull'"ideologia del gender".

Per fortuna, buona parte delle associazioni di omosessuali cattolici ha reagito invitando il papa regnante a non ascoltare solo il papa emerito. Spero che continui così.

Raffaele Yona Ladu